Trasferire competenze, soddisfare le aspettative, modulare i sogni e gestire l’impatto che su di essi ha la realtà, quella di un mondo del lavoro in continua evoluzione e di un settore, la moda, che sta vivendo una trasformazione radicale. Il compito delle scuole di moda, oggi, è soprattutto questo. In Italia convivono realtà diverse per tipologia, titolo di studio e offerta formativa: dalle scuole private – l’Istituto Marangoni a Milano, il Polimoda a Firenze – alle università pubbliche come il Politecnico di Milano, che non forma solo ingegneri e architetti ma offre un corso di laurea in Design della Moda, e lo Iuav, a Venezia. La sfida è plasmare professionisti ad alto tasso di specializzazione e, insieme, figure flessibili, in grado non tanto di interpretare un cambiamento, ma di prevederlo. «Stiamo formando persone che lavoreranno nel settore moda per 20-30 anni, non nel prossimo biennio: il nostro compito è quello di fornire loro competenze specifiche che gli permettano di crescere ed essere competitivi a livello globale, ma anche di fargli fare esperienze diverse così che siano in grado di dialogare con una realtà che è sempre più complessa e sfaccettata», spiega Barbara Trebitsch, head of Fashion Cluster di Domus Academy ed ex alunna.
La scuola post universitaria, con sede a Milano, è stata fondata nel 1982 ed è specializzata in formazione nel Design e nella Moda. Oggi tra i master più frequentati – tutti in inglese, poichè il 95% degli iscritti ai master del Fashion cluster, attualmente 79, di Domus Academy viene dall’estero – ci sono quello in Fashion Management – «pensato per chi vuole sviluppare capacità manageriali da applicare al settore fashion, sia nella dimensione online sia offline» – e quello in Fashion Styling&Visual Merchandising che «forma comunicatori a 360 gradi, spingendo gli studenti a pensare al sistema moda in senso lato». Ambedue poggiano sull’equilibrio tra lezioni teoriche e workshop realizzati con le aziende. L’ibridazione è uno dei concetti chiave quando si parla di formazione nel campo della moda. Nè è profondamente convinta anche Maria Luisa Frisa, direttore del Corso di laurea triennale in Design della moda e Arti multimediali all’Università Iuav di Venezia e presidente di Misa, Associazione Italiana degli Studi di Moda: «Non c’è niente di più sbagliato che fare corsi iper specializzati come quelli per fashion editor e stylist. Bisogna fare formazione a tutto campo, plasmare figure duttili, in grado di percepire i cambiamenti in corso in modo rapido: non sappiamo quello di cui ci sarà bisogno domani in questo settore».
Il corso in Design della Moda dello Iuav ammette 80 studenti ogni anno, a fronte di circa 500 richieste, ed è frequentato per lo più da studenti italiani: «L’università pubblica mette delle barriere in più su questo fronte rispetto a quella privata – spiega Frisa – ma ogni anno abbiamo cinque studenti cinesi che arrivano a Venezia con il progetto Marco Polo e molti ragazzi in Erasmus». La competitività internazionale è uno dei crucci delle scuole di moda italiane, spesso in secondo piano rispetto a realtà gemelle con sede a New York (come la Parson’s) e a Londra (la St. Martins). Nella top 10 delle scuole di moda stilata da Business of Fashion, per esempio, c’è solo una realtà nostrana: il Polimoda di Firenze. «I nostri punti di forza – spega Danilo Venturi, direttore di Polimoda – sono la qualità della didattica, l’attenzione allo studente come persona e il rapporto diretto con l’industria: l’88% dei nostri studenti trova lavoro in sei mesi». L’industria italiana del tessile-moda rappresenta un coté decisivo per le scuole italiane che fanno della collaborazione con aziende d’eccellenza un caposaldo della loro strategia formativa: «Abbiamo un rapporto organico con oltre 600 aziende, in Italia e all’estero. E poi a Firenze ci sono le sedi dei grandi marchi nazionali, le produzioni di qualità delle più importanti aziende al mondo», chiosa Venturi. A mancare, forse, è un supporto concreto da parte delle istituzioni: «In Italia non c’è mai stata una politica di investimenti nella formazione di moda, ma ora che il governo si è accorto dell’importanza del settore qualcosa dovrebbe cambiare», chiosa Maria Luisa Frisa. Intanto il prossimo 28 e 29 giugno a Milano andrà in scena la seconda edizione di Milano Moda Graduate, organizzata dalla Camera della Moda con Lineapelle e finalizzata a promuovere la creatività dei più talentuosi studenti delle scuole di moda italiane. (Marta Casadei)
Il Sole 24Ore, 3 giugno 2016