Preoccupazioni per il possibile riconoscimento dello status di economia di mercato alla Cina

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Anno di pubblicazione: 2015

UnknownCresce anche nel settore del fashion la preoccupazione per un eventuale riconoscimento alla Cina dello status di economia di mercato. “Siamo fortemente preoccupati dal possibile riconoscimento dello status di economia di mercato alla Cina e dalla debole attenzione su questo tema dimostrata finora dalle Istituzioni italiane ed europee”, ha detto Annarita Pilotti, presidente Assocalzaturifici. “Dobbiamo comprendere appieno le possibili conseguenze di questa misura e quali danni potrebbe subire la manifattura italiana ed europea. Il nostro settore, in piena sintonia con Confindustria, chiede al Governo di combattere insieme affinché le imprese possano giocare ad armi pari in un contesto internazionale leale, competitivo e trasparente”, ha aggiunto Pilotti. “L’adesione della Cina all’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) nel 2001 ha costituito un punto di riferimento importante per il commercio mondiale. Molti avevano grandi aspettative sulla Cina, attendendosi una maggiore integrazione del Paese all’interno dell’economia mondiale e un migliore accesso ad uno dei mercati in più rapida crescita nel mondo. Ma su queste aspettative resta ancora molto da fare”, ha poi spiegato la presidente dell’associazione delle aziende del settore calzaturiero.

Per l’Economic Policy Institute di Washington con questo riconoscimento nella Ue sono a rischio fino a 3,5 milioni di posti di lavoro

In definitiva, quindi, si teme che, come sostenuto dalla Cina, il prossimo dicembre, sia automaticamente concesso il Market economy status (Mes) a questo mercato, “giocando con l’ambiguità del suo trattato di adesione al Wto firmato nel 2001”, ha proseguito Pilotti. “In questo momento è quindi fondamentale far sentire la nostra voce nell’interesse di tante aziende che, in caso venisse fatta la concessione del Mes alla Cina, rischierebbero di chiudere”. La ragione di questa paura risiede nel fatto che la Cina non abbia ancora adottato gli standard richiesti sui propri mercati interni e continui a sovvenzionare numerosi settori della sua industria nazionale, portando a fenomeni di sovrapproduzione e a prezzi di dumping, permettendo ai marchi cinesi una concorrenza sleale con i loro competitor europei.

(Fashion United 28.10.15)