CARPI – Capelli brizzolati, taglio corto spettinato-chic, blusa di jeans e stivaletti vintage glitterati d’oro, Maria Luisa Frisa con l’aplomb tipico delle esperte di moda ha parlato del tema “Body Meets Dress: le forme della moda” che è al centro del suo saggio (intitolato, appunto, “Le forme della moda”) edito da Il Mulino. Frisa, docente del corso di laurea in Design della moda e Arti multimediali all’Università Iuav di Venezia nonché critica e curatrice di mostre (l’ultima è l’acclamata “Bellissima. L’Italia dell’alta moda 1945-1968” che dopo il Maxxi di Roma ha fatto tappa a Bruxelles, Monza e Fort Lauderdale negli Usa) è stata protagonista di una “lezione con immagini” svoltasi sabato scorso nell’auditorium della Biblioteca Loria nell’ambito di Percorsi di Moda, la rassegna dedicata alla moda che era parte integrante dell’ultima edizione della Festa del Racconto. Frisa ha dialogato con Manuela Rossi, direttrice dei Musei civici carpigiani – che in questi mesi hanno incentrato la loro proposta espositiva proprio sulla moda con la mostra “White. Il bianco nella moda” che si è appena conclusa – facendo un po’ il punto sulla situazione del fashion system e sottolineando, a più riprese, che “… la moda è un sistema complesso e straordinario dove l’ultimo problema è parlare di vestiti”. Creazione, business, cultura, comunicazione sono tra le dimensioni costitutive della moda, che ne spiegano il carattere in perenne trasformazione. Da una parte deve adeguarsi alle esigenze del mercato globale, dall’altra deve conservare quelle qualità e quegli immaginari che rendono ogni pezzo straordinario e desiderabile.
L’esperta di moda ha contestato il recente manifesto “Anti-Fashion” scritto dalla trend-setter Lidewij Edelkoort che ha sentenziato che la moda, così come l’abbiamo conosciuta nora, è morta. A ucciderla, il fast fashion e il low cost che hanno contribuito a privare la moda della sua essenza, ma anche la mancanza di un’adeguata formazione per i giovani. “Per me invece la moda è un sistema circolare perché ha un rapporto simultaneo con il futuro e con il passato – ha affermato –: cambia in continuazione, guardando al passato per attingervi elementi da proiettare verso il futuro. È in perenne rinnovamento, per questo quando mi chiedono ‘cosa va di moda?’ io non so rispondere: è un mondo talmente variegato”. Frisa ha poi spiegato che il concetto di moda è molto più ampio di quello che si pensi. “Non si tratta solo di abiti – ha aggiunto –. La moda lavora nella ridefinizione delle forme e dei nostri corpi e, come nell’arte, esistono delle gure che possono cambiare il punto di vista della moda aprendo una nuova dimensione. Pen- siamo per esempio agli stilisti giapponesi come Yamamoto, Miyake e Comme Des Garçons che con le loro linee asimmetriche hanno sovvertito le regole del settore”. In questo senso la docente di moda ha commentato la recente esternazione del patron di Tod’s Diego Della Valle che ha dichiarato: “Lo stilista nel senso classico non serve più perché credo sia diventato, in alcuni casi, un po’ un rallentatore di progetti”. “Questa affermazione ha fatto molto parlare e, in parte, può essere vera, ma andrebbe argomentata – ha detto –. Diciamo che la figura dello stilista inteso come designer, quella lanciata, per intenderci, da Walter Albini e che negli anni Ottanta con Armani, Versace, Valentino ha contribuito a creare la grande stagione della moda italiana, si è andata sempre più ridimensionando con l’espansione globale del settore”.
Questa ridefinizione della geografia della moda ha quindi portato al cambiamento di alcune figure professionali. “Oggi non si parla più di stilisti, ma di direttori creativi – ha affermato Frisa –. Sono figure complesse che non disegnano le collezioni, ma lavorano alla definizione dell’immaginario del marchio. Attingendo dal passato devono dare una nuova identità alla griffe per renderla appetibile. Il primo vero direttore creativo è stato, a metà degli anni Novanta, Tom Ford per Gucci. Oggi il più cool è Alessandro Michele che, insieme al ceo Marco Bizzarri, ha rilanciato Gucci in poco più di un anno rendendolo di nuovo ‘il brand’”. (Claudia Rosini)
VOCE, 16 giugno 2016